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Un’Europa meno naif con le regole “net clean tech”. Il punto di Braghini

Con i nuovi pacchetti legislativi del Green deal industrial plan per la transizione energetica, l’autonomia per materiali critici e l’allentamento dei sussidi proposti dalla Commissione europea, sembra si sia arrivati a una fase nuova nei rapporti tra concorrenza e industria. Il punto Fabrizio Braghini, analista di politiche europee e Difesa

È ormai annoso il dibattito avviato in Francia sul concetto di “l’Europa non è naif”, che guardi anche al di fuori del suo perimetro. Le implicazioni sono rilevanti quando si dibatte su una reimpostazione della politica di concorrenza “non fine a sé stessa” ma promotrice di campioni europei, e di un adeguamento della politica industriale per promuovere la competitività e la capacità produttiva di specifici settori strategici a fronte della concorrenza globale.

Due approcci complementari

La sintesi dei due approcci complementari sembra foriera di un potenziale riequilibrio paritetico tra i poteri della Commissione: da una parte la commissaria Margrethe Vestager fautrice della tutela del Mercato interno e del consumatore, dall’altra il commissario Thierry Breton favorevole all’incentivazione e tutela delle capacità produttive europee. La cornice normativa include Netzero industry act (Nzia), ispirato dal Chips act, Temporary crisis and transition framework (Tctf) mirato, proporzionato e temporaneo, i Critical raw materials (Crm) e l’aggiornamento del regime Gber di aiuti per ricerca e sviluppo. Flessibilità e allentamento dei sussidi pubblici assumono un ruolo-chiave.

Allo stesso tempo l’Ue si è dotata di un corpus legislativo (trade defense instruments) di tutela contro le distorsioni del mercato provenienti da enti terzi, costituito da uno strumento per investigare i sussidi esteri, lo screening degli investimenti diretti esteri, uno strumento anti-coercizione per rispondere a intimidazioni economiche, uno strumento per consentire un reciproco accesso al procurement in Paesi terzi.

Le nuove iniziative europee

Il lancio delle nuove iniziative europee ha portato a un revival del dibattito con critiche di interventismo e dirigismo per l’utilizzo dei sussidi pubblici in Europa, con opinioni a volte ideologiche e ispirate da principi di libero mercato. Ma la realtà vede competitori extra-Ue fortemente sussidiati e opachi, come riconosciuto in sede comunitaria, allorquando solo in Europa vige un quadro regolatorio che limita la concessione di aiuti sotto forma di prestiti e grants. È infatti partendo dall’evidenza che manca un level playing field che altera le condizioni di mercato a vantaggio di Paesi non-Ue, che la Commissione europea ha deciso di incrementare i margini di sostegno pubblico a beneficio della competitività, dell’autonomia e degli effetti occupazionali.

Le nuove norme includono principi, obiettivi e procedure a cui seguiranno linee guida interpretative per chiarire la loro effettiva praticabilità e attuazione da parte dei Paesi membri, con riferimento ad esempio a nozioni tecniche relative a contenuto locale, sicurezza degli approvvigionamenti e matching clause.

Contenuto locale

La proposta del Nzia include l’obiettivo di un certo livello di contenuto locale, che è stato considerato da alcuni di natura protezionista. Il testo prevede nelle procedure di acquisto diversi criteri cumulabili di sostenibilità e resilienza. Si terrà conto della proporzione di prodotti che originano da una singola fonte di fornitura, che non superi il 65% della fornitura nell’Ue in uno specifico anno. L’obiettivo che si propone l’Ue riguarda la necessità di diversificare sufficientemente i singoli fornitori di specifiche net clean tech, prevedendo che l’Europa possa produrre autonomamente almeno il 40% della produzione per il 2030, applicando la stessa logica anche ai Crm.

Sicurezza degli approvvigionamenti

Sullo stesso filone si inserisce nel Tftc la più volte richiamata nozione di sicurezza degli approvvigionamenti. Al riguardo sono state sollevate le stesse critiche, perché viene interpretata come elemento discriminante nell’aggiudicazione dei contratti, fino al punto di qualificarla come “buy European mascherato”.

Ad ogni modo, si osserva che i requisiti per la sicurezza degli approvvigionamenti sono consolidati da tempo nei dispositivi normativi nell’Ue, rispondono a esigenze di garanzia per la continuità e certezza delle forniture, ad esempio in caso di modifiche nella supply chain per cambiamenti organizzativi o proprietari, situazioni di crisi, richieste di forniture aggiuntive o da aggiornare, che si devono applicare con proporzionalità per non eludere le norme. In questo modo si tutelano le catene di approvvigionamento, sempre più globali, cercando di evitare i rischi di una loro interruzione, riducendo al contempo la dipendenza europea da fonti terze.

Matching clause

Sempre il Tftc prevede una matching clause annunciata come “very exceptional temporary option”. Si tratta di una formulazione nuova rispetto a quella operante. Il concetto esiste nei regimi europei sugli aiuti di Stato per ricerca e sviluppo dal 1996, la clausola dal 2006. Questa non è mai stata invocata perchè le condizioni di applicabilità richieste sono considerate irrealistiche. I dati per fornire evidenze e prove sul livello e sulle caratteristiche di diversi sussidi di Paesi terzi sono spesso sensibili o confidenziali e difficili da valutare circa gli effetti di incentivazione. In letteratura il processo è considerato “highly time consuming and convoluted”. In effetti, pensare di dimostrare con elementi oggettivi e dimostrabili, come onere della prova, che in un Paese terzo i sussidi siano quantificabili, finora non è mai stato possibile. Questo è il motivo per cui anche di recente è stata oggetto di richieste di modifica o ritiro. Nonostante ciò, la Commissione europea la considera un elemento essenziale e imprescindibile, come l’analisi controfattuale, nelle procedure di approvazione degli aiuti.

Nel Tftc si prevede però una versione differente della clausola. Viene consentita un’eccezione ai limiti degli aiuti di Stato, superandoli per renderli equivalenti alla sovvenzione che l’impresa riceverebbe in un Paese terzo per un progetto simile. Rimane al beneficiario l’onere di fornire evidenze dimostrabili sulla sovvenzione a sostegno dello scenario controfattuale. Nelle intenzioni della Commissione, avrebbe lo scopo di evitare il rischio di delocalizzazioni extra-Ue e di depauperamento delle capacità produttive europee.

Sarà interessante seguire l’iter legislativo con le opinioni del Parlamento europeo e del Consiglio Ue sulle modalità con cui verranno declinate, ed effettivamente utilizzate, le misure proposte.

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