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Perché Musk sta licenziando tutti da Twitter

Elon Musk si appresta a licenziare metà della forza lavoro di Twitter. Dopo aver preso possesso del ponte di comando della compagnia, confermando l’offerta da 44 miliardi di dollari giusto il giorno precedente l’inizio del processo contro la stessa azienda fondata da Jack Dorsey, il patron di Tesla e SpaceX ha programmato il benservito a 3.700 dei 7.500 dipendenti totali di Twitter.

Secondo quanto riportato da Bloomberg, il piano di Musk è informare già nelle prossime ore i candidati ad abbandonare l’azienda (in base agli elenchi stilati dai consulenti che tengono conto anche del livello di produttività tenuta negli ultimi mesi) e concedere ai diretti interessati due mesi di indennità di fine rapporto. Se le cifre verranno confermate, la riorganizzazione interna sarà molto più netta, col doppio dei potenziali lavoratori in uscita rispetto a quanto annunciato dalle solite fonti ben informate nei giorni scorsi.

A facilitare la mossa di Musk potrebbero essere gli stessi dipendenti, molti dei quali sono contrari alla revoca del lavoro da remoto, autorizzato a tempo indefinito dalla vecchia proprietà. Musk ha ripetuto più volte che è contrario a questa opzione, specialmente in questo periodo di forti cambiamenti in cui agli ingegneri (e non solo loro) sono chiesti sforzi supplementari per portare a termine in breve tempo il lancio di nuove funzioni e le modifiche a vecchi servizi non più in linea con la visione di Musk.

Come prospettato nelle settimane precedenti l’accordo Musk-Twitter, il cambio di registro imposto dall’uomo più ricco del mondo (che nel primo trimestre 2023 dovrà fornire un business plan completo con cui intende ripagare il prestito da oltre 12 miliardi accordato dalle banche per concludere l’acquisizione della compagnia) genererà numerose uscite volontarie da parte dei dipendenti di Twitter.

Il nuovo corso è del resto partito subito dopo l’arrivo di Musk, che come primo atto ha silurato i top manager aziendali: il Ceo Parag Agrawal, il direttore finanziario Ned Segal, il capo del dipartimento legale Sean Edgett e la responsabile della policy e del sistema di moderazione Vijaya Gadde. Se era prevedibile l’allontanamento (accompagnato da tanti milioni di dollari per la fuoriuscita improvvisa) di chi l’ha costretto a chiudere un affare che ha provato a far saltare fino all’ultimo momento, naturale per Musk è stato anche affidarsi a professionisti fidati, come il suo avvocato personale Alex Spiro e il venture capitalist David Sacks.

Rinunciare a metà della forza lavoro può sembrare azzardato a fronte della rivoluzione più volte paventata da Musk. In realtà la sua priorità è trovare nuove fonti di ricavi per alleggerire la dipendenza di Twitter dalla pubblicità: il fatturato di poco superiore ai 5 miliardi di dollari del 2021 deriva per il 92% dagli inserzionisti. Varie grandi compagnie e società di marketing (come Interpublic, McCann e Mullen Lowe Group) hanno deciso di bloccare temporaneamente l’acquisto di spazi su Twitter, per capire cosa intende fare Musk. Con esplicito riferimento alla gestione della libertà di espressione e le modalità per moderare i contenuti (dalla fake news ai discorsi d’odio e fino al porno, che abbondano su Twitter).

Tra le molteplici esche lanciate sul proprio account (che conta 113,6 milioni di follower) dall’imprenditore sudafricano, la più chiacchierata è stata la possibilità di alzare il prezzo mensile di Twitter Blue (disponibile per ora solo in Usa, Canada, Nuova Zelanda e Australia) da 4,99 a 8 dollari, ampliando i vantaggi del servizio con la priorità per risposte, menzioni e ricerche, la riduzione degli annunci e la possibilità di pubblicare video e file audio di lunga durata. Non si tratta di certezze ma ipotesi, perché con Musk bisogna essere cauti e ragionare solo a cose fatte. Che nel caso di Twitter sono al momento molto poche poiché ancora tutte teoriche.

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