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Editoria, le redazioni del gruppo Gedi in stato di agitazione

Le giornaliste e i giornalisti del gruppo Gedi confermano il proprio stato di agitazione dopo le circostanziate notizie sulla trattativa in corso tra la proprietà e alcune cordate di industriali per la cessione delle storiche testate del Nordest: il Mattino di Padova, La Nuova di Venezia, la Tribuna di Treviso, il Corriere delle Alpi, Il Messaggero Veneto e Il Piccolo. A cui si aggiungerebbe la Gazzetta di Mantova.

Indiscrezioni non smentite dai vertici di Gedi, nonostante una specifica richiesta in tal senso da parte dei comitati di redazione.

Il Gruppo Gedi – con amministratore delegato Maurizio Scanavino (anche ad e dg della Juventus, doppio ruolo che non riteniamo compatibile), controllato da Exor della famiglia Elkann – torna sul mercato con una mera logica di “compra-vendita” finalizzata innanzitutto a svuotare le redazioni e a tagliare i costi, dimostrando uno sconsiderato disimpegno dal settore editoriale a favore dell’infotainment, verso il quale sono invece stati indirizzati molti investimenti, con l’acquisto di siti e start-up. Questo, quando non più tardi di un mese fa lo stesso Scanavino aveva garantito che “il perimetro delle testate era definito” e non sarebbe stato toccato.

Ora le nuove trattative sono motivo di grande preoccupazione per le redazioni, che assistono a un progressivo e continuo impoverimento delle testate e per l’assoluta irrazionalità di una compagine che tre anni fa ha acquistato il più grande gruppo editoriale italiano, fra roboanti annunci di sviluppo dell’informazione, per poi iniziare subito a dismetterlo, pezzo dopo pezzo, con la già conclusa cessione de Il Tirreno, La Nuova Sardegna, le Gazzette, La Nuova Ferrara, MicroMega e da ultimo dello storico settimanale Espresso, simbolo del giornalismo d’inchiesta in Italia. Senza dimenticare gli insistenti rumors sulla vendita anche di Repubblica.

Le notizie non sono passate di moda: le persone cercano sempre più informazione accurata. È il sistema di distribuzione ad essere entrato in crisi: nostro compito di giornalisti è garantire notizie verificate, approfondite, che permettano a chi le legge di avere strumenti di conoscenza e valutazione su ciò che accade; compito dell’editore è trovare gli strumenti per distribuire e valorizzare l’informazione. In Gedi manca, invece, il piano industriale che il Coordinamento dei Cdr chiede da tempo.

In un momento di crisi del settore, l’azienda non solo non ha fatto alcun investimento sui suoi giornali, ma anche la sbandierata volontà di puntare sull’informazione digitale si scontra con una totale assenza di programmazione e strategia: importanti investimenti fatti in un recente passato in questo settore sono stati “sconfessati” da cessioni di centri di produzione ritenuti strategici, come quella di parte di Gedi Digital al gruppo Accenture, a dicembre.

Il Coordinamento dei Cdr del Gruppo ha chiesto, subito, un confronto che la proprietà ha fissato per il 15 febbraio. Dopo aver chiesto, invano, un anticipo dell’incontro (rifiuto motivato dall’azienda per i molteplici impegni del management), si sono svolte le assemblee dei giornalisti di tutto il Gruppo Gedi – oltre ai giornali oggetto di trattativa, La Repubblica, La Stampa, il Secolo XIX, La Sentinella Canavese, la Provincia Pavese, Radio Capital, Gedi Visual – consegnando ai propri rappresentanti proposte per elaborare un’azione sindacale efficace e affidare un chiaro mandato ai cdr al tavolo con la proprietà.

È tutta l’informazione a essere a rischio se passa la logica che i giornali possono esistere solo tagliando compensi e posti di lavoro.

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