L’aveva già dichiarato all’Adnkronos, definendo l’arresto di Matteo Messina Denaro come «una messa in scena – perché – quando arrestano un boss c’è tutto un altro clima. Armi alla mano, confusione». Il pentito Gaspare Mutolo è tornato a ribadirlo la sera del 29 gennaio, ospite in studio a Non è l’arena. «Mi è sembrato più un appuntamento, non c’era la concitazione vista in altri arresti di grandi boss». L’ex autista di Totò Riina, oggi collaboratore di giustizia e pittore italiano, ha detto a Massimo Giletti di auspicare che la cattura di Messina Denaro «segni l’inizio della fine di Cosa nostra». Mutolo, nel corso della trasmissione, ha parlato anche del rapporto tra Stato e mafia, del quale ne ha avuto evidenza diretta lavorando per Riina: «Nella sua casa c’erano i misteri e i contatti che aveva la mafia con i politici più importanti di Italia. Nei governi ci sono le persone più buone del Paese, ma in mezzo a queste persone buone c’è sempre qualcuno…». Mutolo ha lasciato il discorso sospeso, salvo poi aggiungere: «Quando tuttora sento parlare di intercettazioni, si parla sempre di mafia e terrorismo. Ma la mafia più importante è l’evasione. La mafia sono i contatti che hanno i politici con i mafiosi». Giletti ha anche chiesto al pentito di raccontare degli interrogatori a cui Paolo Borsellino lo sottoponeva. Mutolo ha ricordato: «Avevo visto il dottor Borsellino il giorno prima di morire. C’era un clima allora… Scriveva i contatti tra mafia e istituzioni sull’agenda rossa, perché non aveva fiducia e non voleva verbalizzare tutto».
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