Intervista al decano dei librai napoletani. Tra i suoi “clienti”, Adolfo Omodeo (“Mi presentò a Gadamer”) e poi Giorgio Napolitano, Eduardo De Filippo ed Elena Croce. Ricordi dallo scaffale

Certe sere, periodicamente, due distinti signori di una certa età percorrevano a braccetto lento pede la Galleria Umberto I di Napoli; quello a sinistra, il segaligno, cappello e sciarpa in tutte le stagioni e un catalogo aperto fra le mani, s’arrestava ogni tanto per scandire un numero (“38! 120! 198!”); l’altro, di complessione gioviale e sguardo vispo, annuendo appuntava la cifra su un foglietto. Protagonisti del peripatetico rituale, che si ripeté per anni, l’avvocato Gerardo Marotta, fondatore dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, e Antonio Auriemma, decano dei librai napoletani. Varcata la soglia degli ottanta, don Antonio non ha alcuna voglia di smettere benché, dopo la dipartita di Marotta, nessuno abbia condiviso con lui lettura altrettanto “lunga e dolce” di un catalogo, come Giuseppe Pontiggia auspicava ai bibliofili e a se stesso: “Niente uguaglia la gioia di cercare – l’occhio concentrato e mobile del vizio – i titoli bramati, differendo spesso l’attimo fatale, per aumentare l’ebbrezza o…