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Una startup italiana impiega persone con disabilità per consegnare piatti tipici grazie a un robot

Ripensare il modello delle consegne a domicilio in chiave più sostenibile, più rispettosa delle persone e con un occhio ai piatti della tradizione. È questa la scommessa della startup bresciana Gibo delivery, un’idea nata durante la pandemia da quattro giovani imprenditori bresciani: Enrico Mattioli, Matteo Crucito, Carlo Scanzi e Andrea Cremonesi.

“Ci siamo resi conto che sulle piattaforme più utilizzate è spesso impossibile ordinare i piatti tipici delle gastronomie locali, quei piatti che potremmo trovare a casa della nonna o della mamma – ci racconta Matteo Crucito, amministratore delegato di Gibo delivery, un ruolo che ricopre dopo dieci anni di esperienza nel settore del food&beverage, tra cui Domino’s – Da questa analisi di mercato è nata l’idea di Gibo delivery. Subito abbiamo messo al primo posto la sostenibilità. Noi vogliamo andare in una direzione diversa da quella del fast delivery a ogni costo. La velocità non è sostenibile, anche perché può essere gestita solo attraverso una massiccia automazione, che elimina posti di lavoro, non ne crea. Al momento abbiamo cinque rider e sono tutti assunti, assicurati e formati. A nostro avviso è meglio far aspettare il cliente un po’ di più, offrendo piatti tradizionali che può trovare solo dalle nostre gastronomie, portati da rider più tutelati o dai nostri robot comandati da remoto”.

I fondatori di Gibo Delivery con Gibot, il prototipo robotico per le consegne.

Sì, perché una particolarità di questa startup bresciana sono proprio i robot. I Gibot, per la precisione. Verdi, piccoli e agili, sono sviluppati dalla startup milanese Presto Robotics, fondata da Filippo Baldini e Francesco Ricciuti. La particolarità dei Gibot è che sono comandati a distanza.

“Il nostro modello si basa su un’idea di flotta mista: rider tradizionali e robot comandati da remoto. – spiega ancora Matteo Crucito – Con i Gibot vogliamo dare un’opportunità di lavoro alle persone con disabilità, persone che spesso non riescono a trovare un impiego. Potranno pilotare e fare consegne direttamente da casa loro, in tutta sicurezza. Abbiamo già ricevuto diverse candidature spontanee e non vediamo l’ora di terminare l’attuale fase di prova del robot, per poi offrire veri posti di lavoro”.

Attualmente il servizio di Gibo delivery (l’app è disponibile sia per Android sia per iOS) è attivo solo su Brescia, con cinque rider tradizionali che consegnano entro cinque chilometri dai punti vendita e con un primo Gibot, che è in fase di test. Per ora il robot è in grado di consegnare entro 500 metri dalla gastronomia a cui è assegnato, muovendosi principalmente su marciapiede, a una velocità massima di 6 km/h. A breve avrà anche uno speaker, così l’operatore potrà parlare e interagire con le persone intorno alla macchina.

Gibot in un giro di test in centro a Brescia.

Tutto parte da Brescia, quindi, ma l’obiettivo per il 2023 è quello di aprire in quattro nuove città nel Nord Italia. Per farlo serviranno fondi, come ci racconta sempre Matteo Crucito: “Finora abbiamo finanziato la nostra startup con soldi nostri e con il sostegno delle persone a noi più vicine. Il prossimo anno partiremo con una prima raccolta di capitale, attraverso una campagna di equity crowdfunding, con l’obiettivo di raccogliere abbastanza risorse per crescere, perfezionando il servizio e aprendo in nuove città”.

I piani di sviluppo ci sono, così come la forte impronta sociale. E poi ci sono crespelle e lasagne, che a quanto pare sono i piatti più ordinati dai clienti bresciani di Gibo delivery.

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