Roma, 18 feb – Il Senegal è uno dei Paesi africani con la più alta crescita economica e questo è dovuto non solo all’estrazione di minerali e allo sfruttamento dei giacimenti di petrolio e gas naturale, ma anche al fatto che il governo sta usando le entrate del settore minerario e degli idrocarburi per costruire opere infrastrutturali. Tra queste spicca per importanza la costruzione di Diamniadio, una nuova città pensata e progettata per ospitare uffici governativi e alleviare la congestione della capitale Dakar. Come succede però per i Paesi africani più ricchi anche il Senegal attira molti immigrati provenienti da altre nazioni del continente nero e quindi non deve sorprendere che in molti cantieri la manodopera è prevalentemente composta da stranieri.

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Così in Senegal vengono sfruttati i lavoratori immigrati

A Diamniadio i lavoratori dei cantieri provengono principalmente da Guinea, Sierra Leone e Nigeria, ma lungi dall’essere trattati con rispetto vengono spesso sfruttati in maniera scandalosa dalle imprese cinesi e africane che operano nell’area. Questi lavoratori ricevono difatti nettamente inferiori ai minimi contrattuali imposti dalla legge nazionale e sono ospitati in squallidi e sovraffollati alloggi lontano dai luoghi di lavoro. Come se non bastasse, chi si ferisce sul posto di lavoro viene sovente licenziato senza nessun indennizzo.

Molti di questi operai lavorano poi 13 ore al giorno per un compenso di 7 dollari giornalieri, senza avere un giorno libero a settimana come previsto dalla normativa senegalese, oltre ad essere abitualmente insultati dai capi cantiere. Al riguardo sotto accusa è, in particolare, la società cinese WIETC. Permane però, al contempo, la negligenza nei controlli delle autorità senegalesi. Non a caso la gran parte di questi lavoratori immigrati evita di denunciare lo sfruttamento subito alla polizia, temendo di non essere creduto o peggio ancora di essere espulso dal Senegal.

Giuseppe De Santis

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