Accusato di frode telematica, Liu Hung Tao attendeva l’estradizione richiesta dalla Cina alla Polonia. Ma la Corte europea dei diritti dell’uomo ha annullato definitivamente la richiesta per la situazione dei diritti umani nel Paese asiatico. E adesso…
Annullata definitivamente la richiesta della Cina presentata in Polonia per l’estradizione del cittadino taiwanese Liu Hung Tao accusato di frode telematica. La Corte europea dei diritti dell’uomo ha eliminato la petizione dopo avere sollevato dubbi sulla situazione del sistema carcerario cinese.
Come riporta il sito Politico, è la prima volta che la massima corte europea si occupa di una richiesta di questo tipo, rendendo quasi impossibile dal punto di vista legale alcun ricorso e possibili future estradizioni di dissidenti del regime cinesi.
Dal 2018, Liu Hung-tao era in Polonia dopo essere fuggito dalla Cina verso la Spagna. Era stato arrestato a Varsavia nell’agosto 2017, dopo che l’Interpol ha emesso un avviso rosso per lui in relazione a un’indagine per frode di telecomunicazioni cinesi e spagnole.
Pechino ha chiesto l’estradizione immediatamente e, a febbraio del 2018, un tribunale polacco ha stabilito che c’era la possibilità di iniziare il processo.
La sentenza europea del 2022 aveva già segnato un precedente sul modo in cui 46 Paesi gestiscono le estradizioni in Cina, secondo alcuni esperti consultati da The Globe and Mail.
Peter Dahlin, co-fondatore di Safeguard Defenders, un’Ong europea che cerca di attirare l’attenzione sul caso, ha dichiarato che “è difficile sopravvalutare quanto possa essere influente questa decisione […] Questo causerà un grosso mal di testa per la Cina”. Secondo Dahlin, attualmente ci sono casi di estradizione in sospeso in Italia, Cipro e Spagna.
I giudici europei sono rimasti colpiti dalla situazione critica dei diritti umani in Cina. Facendo riferimento ai report di organizzazioni per la difesa dei diritti umani come Freedom House, Amnesty International e anche il Dipartimento di Stato americano, la sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo ha stabilito l’anno scorso che “la misura in cui la tortura e altre forme di maltrattamento siano riferite in modo credibile e coerente per essere utilizzate nelle strutture di detenzione e nei penitenziari cinesi, può essere equiparato all’esistenza di una situazione generale di violenza”.
“Poiché è incontestato che il ricorrente sarebbe detenuto in Cina se l’ordine di estradizione fosse eseguito – prosegue -, la Corte ritiene accertato che il ricorrente correrebbe un rischio reale di maltrattamento se estradato in quello Stato”.
Come scritto da Laura Harth su Formiche.net, nella sentenza del caso Liu contro la Polonia del 6 ottobre scorso la Corte stabilisce che l’estradizione del cittadino taiwanese Liu Hung Tao verso la Cina per accuse di frode telematica “costituirebbe una violazione della proibizione di tortura o trattamenti e punizioni disumani o degradanti secondo l’articolo 3 della Convenzione europea”.
La sentenza di fine anno della Corte europea per i diritti dell’uomo “mina ulteriormente l’utilizzo di ‘armi legali’ da parte della Repubblica popolare per dare la caccia a chi è riuscito a fuggire alla feroce repressione domestica del regime”, secondo l’esperta.