Continuano ad aggiungersi nuovi dettagli sulla morte del neonato all’ospedale “Pertini” di Roma, soffocato nel letto dal peso della madre, caduta addormentata dopo 17 ore di travaglio. «Non ricordo di aver mai firmato un modulo in ospedale per il rooming in»: racconta così la donna, citata dal Corriere della Sera attraverso le parole dell’avvocato della coppia Alessandro Palombi. Mentre la procura indaga per omicidio colposo, il difensore sta raccogliendo elementi per sporgere denuncia. «Non ho chiesto aiuto più volte solo io alle infermiere, affinché visto quanto ero stanca, si prendessero cura del piccolo nella nursery», continua la madre, «ma anche le mie tre compagne si stanza hanno fatto lo stesso per il bene dei loro bimbi. Ma la risposta è stata sempre la stessa: non è possibile». La donna continua a raccontare la presunta esperienza d’abbandono assistenziale che avrebbero vissuto anche le sue compagne di stanza: «Una ha perfino subìto un rimbrotto da una operatrice solo perché mi aveva tenuto il bimbo mentre andavo in bagno». A parlare è anche la nonna del piccolo deceduto: «Io l’ho visto una volta sola per pochi minuti, ho rimproverato le infermiere perché quando ho partorito io, i bambini venivano tenuti sempre al nido e consegnati alle madri solo per poco tempo, proprio perché le puerpere sono distrutte dalla fatica dopo il travaglio».
«Aspettiamo di sentire la testimonianza delle tre donne»
La testimonianza delle tre compagne di stanza citate dalla madre attraverso Palombi potrebbe essere un altro passo fondamentale per stabilire le responsabilità di quelle tragica notte. Per ora la procura non ha ancora sentito nessuno dei diretti interessati, né la famiglia né il personale infermieristico. Al vaglio sono le cartelle cliniche di madre e bambino insieme alla turnistica degli operatori sanitari nel periodo tra il 4 e l’8 gennaio. Una delle tre donne a quanto pare presenti nella stanza d’ospedale avrebbe dato l’allarme raccontando alle infermiere di non aver più visto il bimbo accanto alla sua mamma. «La mia assistita», spiega l’avvocato Palombi, «ricorda la donna che le è stata più vicina, e anche un’altra mamma, che aveva già due bambine, mentre quella appena partorita era stata trasferita in un altro ospedale perché aveva avuto dei problemi. Anche noi attendiamo di conoscere i loro nominativi per poterle sentire nell’ambito delle indagini che faremo come parte lesa».
«Non ricorda di aver firmato il consenso per il rooming-in»
Ma c’è da chiarire anche la questione del consenso firmato al rooming-in: «Lei non ricorda proprio di averlo fatto», sottolinea il legale della 30enne. «E comunque quelli erano momenti concitati. Non è stato un parto tranquillo, è andato avanti per ore». A confermare quanto spiegato da Palombi anche la nonna del bimbo: «Mia figlia non mi ha detto di aver firmato quel foglio, io del resto non l’ho potuta accompagnare. È successo tutto di corsa, in piena notte, ad accompagnarla sono stati il padre e il compagno».
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