Due giornalisti italiani, Andrea Sceresini e Alfredo Bosco, esperti free lance, collaboratori di Rai e altre testate nazionali, sono sotto il mirino dei servizi segreti ucraini, la famigerata Sluzhba Bezpeky Ukrainy – SBU, dal 2018 accusata da varie organizzazioni internazionali tra cui Amnesty International e Human Rights Watch di vari crimini di guerra, esecuzione extra giudiziarie, torture. La SBU, che nasce dal KGB sezione ucraina, è controllata dalla fazione neonazista del regime di Kiev.
Sceresini e Bosco sono stati bloccati dalla SBU dodici giorni fa dopo che le autorità di Kiev hanno sospeso i loro accrediti militari con la generica accusa di “collaborare con il nemico”. I due giornalisti sono ora in attesa di essere interrogati dai servizi segreti locali.
Accusa mai esplicitata ufficialmente ma fatta circolare sui social del regime e della SBU. Gli accrediti erano stati regolarmente rilasciati nel marzo 2022. La sospensione è di fatto una gravissima violazione del diritto di informazione e crea un rischio concreto per la sicurezza dei due giornalisti come riportato dal loro avvocato, la genovese Alessandra Ballerini.
Un terzo reporter italiano Salvatore Garzillo è stato respinto il 14 febbraio alla frontiera con la Polonia con identica generica accusa di “collaborazione con il nemico”.
L’interrogatorio di Sceresini e Bosco doveva svolgersi presso la località di Kramatorsk lo scorso 6 febbraio. Ad oggi i servizi segreti ucraini non hanno ancora proceduto con l’interrogatorio. I due giornalisti si sono potuti spostare a Kiev. Non sono stati posti in arresto, pur rimanendo a disposizione delle autorità.
Il caso è seguito dunque dall’avvocatessa genovese Alessandra Ballerini (la stessa legale che patrocina da anni il “caso Giulio Regeni” (n.d.r.) informa di non avere “ricevuto più nessuna notizia, né dalla SBU (contattata anche da un avvocato ucraino) né dalla nostra rappresentanza diplomatica” che inizialmente si era interessata al caso sollecitando le autorità ucraine per avere maggiori informazioni.
A chiedere alla Farnesina di attivarsi per risolvere il caso è Carlo Bartoli, Presidente del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti, che invita il Ministero degli Esteri ad “accertare la situazione e garantire ai due connazionali condizioni di sicurezza e agibilità per poter svolgere il loro lavoro”. Bartoli riferisce inoltre che “secondo l’avvocato Alessandra Ballerini – che li assiste e che ha pubblicato una lettera sul sito Articolo21 – i due giornalisti dovrebbero essere interrogati dai servizi di sicurezza ucraini “avendo svolto alcuni reportage sulla situazione nel Donbass“, in particolare stavano realizzando un servizio per Rai3
Si presume che i tre giornalisti italiani siano entrati nel mirino della SBU a causa della loro esperienza giornalistica presso le due Repubblica separatiste del Donbass che hanno visitato più volte dal 2014, inizio della guerra civile ucraina. Alcuni loro servizi riguardarono il business illegale nelle miniere da parte di leader filorussi (attività considerate dalle autorità separatiste come legali in quanto svolte nel territorio delle Repubblica indipendentistiche), la presenza di mercenari di estrema destra anche italiani e i disaccordi interni delle Repubbliche di Donetsk e Lugansk. Reportage giornalistici che di certo non indicavano una presa di posizione filorussa dei giornalisti attualmente accusati di “collaborare con il nemico” ma, al contrario, un giornalismo indipendente e non allineato.
Marcello Di Meglio