Grandi polemiche per la decisione del Brasile di affondare in mare aperto una nave portaerei dismessa piena di amianto e altro materiale tossico. Le autorità avevano cercato a lungo un porto disposto ad accoglierla, senza tuttavia trovarlo. Da qui l’affondamento “pianificato e controllato” nell’Oceano Atlantico. Immediata la protesta delle organizzazioni ambientaliste.
Il naufragio nell’Atlantico
La nave, denominata San Paolo, era lunga 266 metri ed era stata costruita 60 anni fa. La marina brasiliana, come reso noto in un comunicato ufficiale, l’ha inabissata nel pomeriggio di venerdì 3 febbraio in un’area dell’Atlantico profonda 5.000 metri e a una distanza di 350 km dalla costa del Paese. Secondo le autorità l’affondamento era ormai l’unica soluzione possibile, nonostante il mezzo contenesse al suo interno amianto, metalli pesanti e vernici.
Qui abbiamo parlato dello smaltimento dei rifiuti radioattivi.
La contestata decisione di affondare la nave
“Di fronte ai rischi che comporta rimorchiarla e a causa del deterioramento dello scafo, la sola soluzione è abbandonare la nave affondandola in modo controllato“, aveva spiegato la marina nei giorni precedenti. Proprio lo stato degradato dello scafo, secondo quanto affermato, avrebbe presto provocato un naufragio spontaneo.
Il rimorchio della nave avrebbe inoltre potuto mettere in pericolo il personale stesso che lo avrebbe effettuato. Pur definendola una soluzione “tragica”, il giudice federale ha quindi dato il via libera a procedere.
La denuncia degli ambientalisti
Nonostante le motivazioni diffuse dai funzionari dello Stato brasiliano, gli ambientalisti sono subito insorti criticando la decisione ed evidenziando come tutti i materiali tossici della San Paolo possano adesso inquinare la catena alimentare marina dell’area. Secondo le Ong Greenpeace, Sea Shepherd e Basel Action Network si è verificata “una violazione di tre trattati internazionali”.
Il naufragio della portaerei, descritta come “un pacco tossico di 30.000 tonnellate”, causerà danni incontrollabili, hanno avvertito, con impatti anche per le comunità costiere. “C’erano misure concrete e responsabili dal punto di vista ambientale che sarebbero potute essere adottate ma, ancora una volta, è stata trascurata l’importanza di proteggere gli oceani, che sono vitali per la vita sul pianeta”, ha affermato Leandro Ramos, direttore dei programmi di Greenpeace Brasile.
Qui una buona notizia sul buco nell’ozono.
L’odissea della nave affondata
La San Paolo era stata realizzata in un cantiere navale francese negli anni Cinquanta. Per circa 40 anni era rimasta al servizio della marina di Parigi. In origine si chiamava Foch: con il passare del tempo aveva preso parte ai test con le bombe nucleari francesi nel Pacifico ed era stata usata in Africa, in Medio Oriente e nella guerra dei Balcani.
Nel 2000 era stata acquistata dal Brasile ma, a seguito della sua progressiva obsolescenza e di un grave incendio scoppiato a bordo, era rimasta ferma per una decina di anni. Nel 2018 si era poi deciso di metterla ufficialmente fuori servizio.
Nel 2021 era stata comprata da un cantiere turco al fine di utilizzarne il metallo. Brasilia aveva acconsentito di trasportarla fino al Mediterraneo, ma a quel punto le autorità ambientali della Turchia l’avevano respinta. Quando ormai la nave era giunta dalle parti dello Stretto di Gibilterra era stata quindi costretta a fare dietrofront, con le condizioni dello scafo che nel frattempo erano peggiorate ulteriormente.
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