Lo scorso novembre, Polestar ha fatto il suo ingresso sul mercato italiano, lanciando anche nel nostro paese la sua berlina elettrica Polestar 2. Alla presentazione avevamo avuto modo di guidare per qualche ora il modello base a trazione anteriore da 170 kW e con batteria da 69 kWh, facendoci una prima idea sull’approccio di Polestar alla mobilità elettrica. Ora siamo invece reduci da una settimana con la Polestar 2 long range dual motor, versione dotata di batteria da 78 kWh e con una potenza di partenza complessiva di 300 kW. L’esemplare che abbiamo guidato era inoltre dotato di pacchetto Performance, che sblocca, via software, ulteriori 50 kW di potenza, portando la coppia espressa dal powertrain fino a 680 N m, con un’accelerazione da 0 a 100 km/h in 4,4 secondi. Ci sono altre differenze rispetto alla normale versione dual motor, come le cinture di sicurezza giallo oro, i freni firmati Brembo, i cerchi in lega forgiati da 20″ e soprattutto le sospensioni Öhlins Dual Flow Valve esclusive di queso allestimento, regolabili manualmente su 22 configurazioni diverse.
Con una settimana di guida alle spalle, possiamo così esprimere ora un giudizio più approfondito su feeling di guida ed esperienza di utilizzo di Polestar 2, tenendo sempre a mente che, nonostante si tratti di una novità per il mercato italiano, la berlina elettrica di Polestar ha ormai più di due anni sulle spalle e nasce comunque sulla piattaforma CMA di Volvo, condivisa con vetture con motore endotermico.
Polestar sbarca in Italia con la Polestar 2: le nostre prime impressioni
Abbiamo già scritto molto di Polestar 2 in occasione della prima italia, qui vogliamo dunque concentrarci sugli aspetti che ci sono piaciuti di più e quelli che invece ci hanno convinto di meno sul medio periodo.
Cosa ci è piaciuto di più di Polestar 2
Guida “one pedal”
Se c’è una cosa che in pochi hanno ben interpretato sui propri modelli elettrici è il concetto di guida one pedal, cioè la possibilità di modulare la velocità del veicolo quasi esclusivamente con il pedale dell’acceleratore sfruttando la frenata rigenerativa per fermare il veicolo, tranne chiaramente nei casi in cui è necessaria una frenata più brusca. La Polestar 2 è l’auto che oggi più si avvicina da questo punto di vista al feeling di guida di Tesla, per la precisione con cui il nostro piede riesce a modulare la velocità di marcia in accelerazione come in frenata, trasformando l’auto in un’estensione del nostro corpo. Al rilascio del pedale dell’acceleratore la frenata è decisa e a patto di mantenere la giusta distanza dal veicolo che ci precede, il ricorso al pedale del freno può essere quasi nullo, tutto a beneficio del recupero dell’energia cinetica, ma anche del piacere e confort di guida. Se poi proprio questo tipo di soluzione non piace, è possibile ridurre la frenata al rilascio dell’acceleratore dal menù impostazioni.
Assetto
La versione dual motor di Polestar 2 è incollata alla strada, rigida il giusto e allo stesso tempo offre una marcia fluida anche sui tratti cittadini più sconnessi, tra binari dei tram e buche invernali. Fuori città ci si può divertire, con una tenuta di strada convincente e un carattere talmente “fluido” che fa pericolosamente dimenticare il peso reale del veicolo (siamo sopra le due tonnellate) anche quando si entra in curva. Mettiamoci la silenziosità dell’abitacolo, lo spunto “elettrico” ma comunque morbido in accelerazione, e si fa presto a diventare pericolosi con un’auto come questa. A noi ha convinto anche il feeling dello sterzo (regolabile anche questo da menù), forse non diretto come ci si aspetterebbe da una vettura con etichetta “Performance”, ma che come il pedale dell’acceleratore restituisce un buon contatto con la strada. Non ci è stato possibile invece testare diversi assetti delle sospensioni, la cui calibrazione richiede letteralmente di sporcarsi le mani.
Cockpit Digitale e controlli
Siamo tra coloro che credono che il cruscotto debba essere il più funzionale possibile, con il giusto bilanciamento tra dettaglio grafico e contenuti informativi, ma senza strafare con inutili orpelli o dati superflui. Qui l’obiettivo è stato pienamente raggiunto. Alla guida di un’auto elettrica non servono poi chissà quali informazioni: autonomia residua, carica della batteria, velocità corrente, eventuale supporto dei sistemi di assistenza alla guida. Polestar dà esattamente il giusto peso a queste informazioni, con un’interfaccia pulita e ben leggibile configurabile in due sole modalità, con e senza mappa di navigazione.
L’essenzialità dell’interfaccia del cruscotto fa il paio con la semplicità dei comandi di guida e in particolare dell’ingaggio degli ADAS. Con un click del pulsante sul volante si inserisce il cruise control adattivo e con un altro click si può abilitare l’auto sterzatura per il mantenimento automatico della corsia. Sembra un dettaglio ma poche auto rendono così semplice l’ingaggio di questi automatismi, senza doppie conferme o convolute logiche di attivazione in sequenza dei vari “componenti”.
Non c’è nemmeno il pulsante di accensione: l’auto sente la prossimità della chiave o dello smartphone con app installata per sbloccare le portiere e basta sedersi al posto di guida per farla uscire dallo “stand-by”. Poi basta inserire la marcia avanti per partire.
Interni curati e confortevoli
Uno dei grandi punti di forza di Polestar 2 è costituito dagli interni. Dalla qualità dei materiali, al design, passando per i sedili, tutto concorre a farci sentire a nostro agio e a trasmettere il feeling di un’auto se non di lusso, certamente di alta gamma. Rimane la sensazione che avevamo già avuto in occasione del nostro primo incontro che quella console centrale sia un po’ troppo invadente, ma per il resto non si può che apprezzare lo stile sobrio e allo stesso tempo tecnico.
Anche se al tatto alcuni materiali possono sembrare oltre modo leggeri, il livello di costruzione è elevatissimo, dalla precisione delle finiture alla totale assenza di scricchioli o vibrazioni durante la marcia anche su terreni sconnessi. Molto buono anche l’isolamento acustico che fa attutisce il rumore del rotolamento degli pneumatici anche nei viaggi in autostrada a velocità sostenuta.
Cosa non ci ha convinto del tutto di Polestar 2
Efficienza da migliorare
Polestar 2 non è l’elettrica più efficiente sul mercato. L’auto paga sicuramente lo scotto di una piattaforma non nativa elettrica ma anche di appartenere, nonostante quel 2 nel nome, ad una prima generazione di auto elettriche del marchio svedese. Nonostante l’abbondante ricorso alla frenata rigenerativa, e senza esagerare con la sportività, è facile ritrovarsi in percorso misto con consumi superiori ai 22 kWh/100 km, più di Hyundai/KIA o Tesla di pari classe. C’è sicuramente una questione di pesi e di coefficiente aerodinamico (Polestar 2 non ha esattamente delle linee filanti), ma probabilmente anche a livello di software ed efficienza di inverter e motori si può ancora migliorare.
Il sistema di bordo offre una sorta di guida all’ottimizzazione dei consumi, ma è più informativa che altro, mostrandoci degli indicatori relativi all’impatto del nostro utilizzo del veicolo sul consumo di energia, ma l’unica opzione veramente disponibile è quella della modalità eco del climatizzatore.
Dalla performance ci saremmo aspettati un ghiuzzo in più
Da un’auto con l’etichetta “performance” ci si aspetta prestazioni di un certo tipo. Polestar 2 ha una risposta dell’acceleratore a nostro avviso un po’ troppo morbida, apprezzabile sul modello base single motor, ma che sulla dual motor con perfomance pack stona un po’, specie per un’auto che volente o nolente subisce il difficile confronto con Tesla Model 3. Abbiamo lodato la fluidità di guida di Polestar 2 e sicuramente la berlina elettrica è un’auto a cui non manca riserva di potenza, ma avremmo preferito uno spunto più deciso e sportivo, senza dover per forza premere a fondo l’acceleratore. Qui la risposta è un po’ quella che si ha su una Tesla Model 3 quando si imposta l’accelerazione su “soft”: la potenza va chiesta con decisione, altrimenti l’auto mantiene un carattere morigerato. Unica vera concessione la modalità “launch control” che, come l’omonima funzione di Porsche, consente di effettuare una partenza bruciante a piena potenza per provare l’ebrezza dello stacco 0 – 100 in poco più di 4 secondi.
Android Automotive è ancora acerbo
Polestar, come Volvo, ha scelto Android Automotive per il sistema di infotainment delle proprie auto. Da non confondere con Android Auto, che è un semplice sistema di mirroring delle funzioni dello smartphone sullo schermo dell’auto, Android Automotive è un vero sistema operativo con tanto di store di applicazioni. Da una parte l’interfaccia sull’ampio display verticale da oltre 11 pollici è ben organizzata, con i controlli di uso più comune sempre ben visibili, come quelli del condizionatore, e i quattro quadranti a cui possono essere assegnate applicazioni specifiche.
Ben fatta anche la telecamera con vista a 360 gradi a volo d’uccello, sempre accessibile dall’icona in alto a sinistra, che si attiva automaticamente in retromarcia o quando il sistema rileva la presenza di ostacoli in manovra o passaggi angusti. Allo stesso tempo non si può non constatare come il Play Store di Android Automotive sia al momento piuttosto povero di contenuti. Le app disponibili al momento sono pochissime e alcune nemmeno così ben implementate.
Forse il processore utilizzato dalla piattaforma di Polestar non è sufficiente potente, oppure Android Automotive non è ancora così ottimizzato, ma sta di fatto che ad esempio applicazioni scaricabili dallo store come A Better Route Planner sono lentissime e poco reattive. Il passaggio da un’applicazione all’altra a volte sembra poco fluido e in generale si ha la sensazione di un’interfaccia grafica appesantita da un hardware non in grado di garantire un’esecuzione ottimale del software. L’unica applicazione che sembra essere davvero ben ottimizzata e integrata è Google Maps, che fa da navigatore ufficiale di bordo. Inoltre mentre gli utenti iPhone possono accedere tramite CarPlay alle app non disponibili ancora sul Play Store, altrettanto non possono fare gli utenti Android, visto che Android Auto non è supportato.
Impianto audio da domare
Polestar 2 con il Plus Pack è equipaggiata di impianto audio Harman Kardon Premium Sound costituito da ben 13 diffusori con calibrazione acustica dell’abitacolo tramite il sistema Unison di Dirac. Nonostante l’impianto audio offra diverse impostazioni di regolazione audio, tra cui una funzione di “spazializzazione” surround del suono configurabile e piuttosto efficace, abbiamo faticato a trovare il giusto “assetto” acustico.
Si tratta di un discreto impianto audio, ma in una settimana di utilizzo non siamo riusciti a trovare la giusta equalizzazione per eliminare una poco piacevole risonanza sui toni medi che affligge soprattutto alcune voci sia dei presentatori radiofonici che nei brani musicali. Il risultato è un suono a volte troppo ovattato con una risposta sulle medie frequenze un po’ confusa. Abbastanza controllati invece i bassi, profondi senza essere eccessivi. Nel complesso però ci aspettavamo una risposta più equilibrata da questo sistema, o forse non abbiamo avuto abbastanza tempo a disposizione per domarlo a dovere.