Dieci (più uno) pensierini della sera sulla questione SIAE-Meta. SIAE, nello specifico, almeno a nostro avviso, esce dal confronto in Commissione Trasporti con le ossa rotte. E con l’assoluta necessità di chiudere un accordo a breve. E la fretta non è mai buona compagna nelle trattative
La vicenda SIAE-Meta, come avevamo previsto, sembra sempre più destinata a diventare un punto di svolta della questione del diritto d’autore in Italia. Da quanto è emerso dall’audizione in commissione Trasporti, Poste e Telecomunicazioni, gli argomenti di SIAE hanno un solo puntello: i principi della direttiva copyright. Oltre quell’argine, quello che un po’ tutti gli osservatori hanno visto, è solo un panorama di desolante superbia da parte di SIAE e del suo presidente Salvo Nastasi, al primo grosso passo falso del suo mandato.
Sulla questione ci si potrebbe scrivere un trattato: lo lasciamo fare ai giuristi e agli addetti ai lavori. Noi ci limitiamo a piccoli e disarticolati “pensierini”, da persone semplici quali siamo. Sperando che domande semplici, poste da persone semplici, possano anche ricevere semplicemente delle risposte, se possibile meno strampalate di quanto sentito ieri in Commissione.
1) Ma perché non si parla chiaramente di cifre?
Quanto voleva SIAE? Quanto sarebbe disponibile a spendere Meta? È possibile che la questione SIAE-Meta sia oggetto di interrogazioni parlamentari e audizioni in commissione, e quindi decisamente di interesse pubblico, e non si possa sapere di che cifre stiamo parlando? SIAE, che invoca maggior trasparenza relativamente ai guadagni degli altri, potrebbe dare il buon esempio e dirci cosa avrebbe voluto guadagnare dall’accordo con Meta? No, l’argomento del patto di riservatezza firmato con Meta non regge più: oramai volano gli stracci e le percentuali date da Meta in Commissione (+310% rispetto all’accordo precedente) sembrano già fuori dal perimetro di questo patto. Per lo meno SIAE dica l’ammontare dell’accordo 2020-22, che tanto è scaduto: aiuterebbe a capire.
2) Principio aureo: il venditore stabilisce il prezzo e il compratore può decidere di non comprare
A noi, sempliciotti digitali, il principio del mercato in cui se il prezzo mi sembra congruo compro e se non mi pare tale lascio sullo scaffale, ci pare aureo, più alto di qualsiasi direttiva, europea o divina che sia. SIAE ha posto lecitamente le sue condizioni e Meta, altrettanto lecitamente, ha deciso di non starci. Cosa c’è di scandaloso? Perché addirittura si è mossa la politica? L’unica cosa anomala è probabilmente che SIAE non è così abituata a ricevere due di picche…
3) La trattativa tra SIAE e Meta non si è mai chiusa?
Il presidente di SIAE ha detto in commissione che la trattativa con Meta non si sarebbe mai realmente chiusa. Cosa significa? C’è un messaggio criptico che solo gli iniziati possono capire o semplicemente è una secca contraddizione di quello che SIAE diceva solo pochi giorni fa, parlando di “scelta unilaterale e incomprensibile”? Mistero… (che però è una canzone di Enrico Ruggeri, autore Soundreef)
4) L’uso della musica italiana da parte di Meta è così vitale per Facebook e Instagram?
Non si va su Facebook o su Instagram per sentire la musica, questo è certo. In epoca di Spotify e compagni, gli utenti vogliono scegliere autonomamente la musica da ascoltare e vogliono ascoltare le canzoni intere, non i 14 secondi delle stories. Di conseguenza, ci pare ovvio che nessuno pagherebbe un centesimo per vedere le stories di altri sonorizzate con musica italiana al posto di una qualsiasi altra musica. Sgombrato il campo da questo equivoco, la domanda successiva è questa: un creator sarebbe disposto a pagare per poter usare i brani italiani nelle proprie stories? O si farebbe bastare – si fa per dire – lo sterminato catalogo internazionale presente sulla piattaforma? Con buona pace di Vanoni e Paoli, ci sembra di sapere la risposta, ma magari qualcuno che è più preparato di noi potrà illuminarci.
5) Per favore, basta parlare di “cultura”: si azzuffano solo per una questione di quattrini
Quando gli argomenti di SIAE e compagni iniziano a fare acqua – è successo mille altre volte in passato – i paladini del diritto d’autore si giocano il jolly “cultura”, meglio ancora se farcito di toni bellici a tinte tragiche. Solito copione anche questa volta con il Presidente di SIAE Nastasi che ha esordito in Commissione dicendo che “la battaglia che stiamo portando avanti non è solo economica ma culturale”. Visto che il punto di non incontro è prettamente economico, la cultura c’entra poco. C’entrano al massimo gli interessi economici della cosiddetta “Industria culturale”, che appunto prima è industria e poi (e non in tutti i casi) ha risvolti culturali. Troppo poco per invocare una sorta di primazia su chi, altrettanto lecitamente, ha scopo di lucro, come Meta.
6) SIAE chiede trasparenza a Meta, ma nega ogni tipo di informazione propria, come quella sulla copia privata. Perché questa asimmetria?
SIAE, per smarcarsi dalla pura trattativa economica, sposta il campo di discussione sul fatto che Meta le negherebbe le informazioni sui guadagni che sarebbero indispensabili per determinare l’ammontare dei diritti d’autore, tanto che la società degli autori ha parlato letteralmente di “obbligo di trasparenza” in capo a Meta. Lo stesso obbligo non vale però per SIAE: infatti non tutti sanno che tra qualche giorno ci sarà di fronte alla Corte di Cassazione il ricorso di Optime (l’osservatorio per la legalità nel mercato dell’elettronica) che ha chiesto a SIAE di rendere pubblico, o per lo meno condividere, l’elenco dei paganti del compenso per copia privata. SIAE ha negato prima direttamente e poi davanti al TAR del Lazio ogni accesso alle informazioni, rivendicando con forza il proprio ruolo “privatistico” e non assimilabile alla pubblica amministrazione. Anche se SIAE raccoglie in esclusiva questo compenso e ha ottenuto dallo Stato anche il ruolo di vigilanza sulle evasioni.
7) Ci si può fidare dell’equilibrio di SIAE nell’equa determinazione dei compensi?
SIAE insiste nel dire che i compensi per diritto d’autore devono essere commisurati (come, in che forma e in che percentuale non è dato sapere) ai guadagni di Meta. È evidente ai nostri occhi ingenui che i guadagni di Meta dipendano in minimissima parte dal repertorio musicale in genere, e da quello italiano in particolare. Parlassimo di Spotify, Deezer, Amazon Music, YouTube Music, Apple Music e così via sarebbe ovviamente diverso. Se SIAE avesse in mano le carte dei conti di Meta sarebbe poi veramente equa nel determinare il valore dei diritti relativi al proprio catalogo? Porsi la domanda è lecito, soprattutto in considerazione delle pretese esose e insensate che SIAE ha messo in campo nella determinazione dei compensi per copia privata, vero e proprio obbrobrio giuridico che, invece di essere eliminato, visto che non ha più alcun senso nell’era dello streaming, è stato esteso e potenziato, perché potesse garantire 150 milioncini di euro all’anno. Ah, beninteso, SIAE sostiene che i compensi per copia privata sono stabiliti dal Ministro della Cultura. È vero. Ovviamente su proposta predisposta dall’advisor tecnico del Ministero, ovverosia il Comitato Permanente per il Diritto d’Autore. Che poi è composto solo da persone che incassano senza alcun contraddittorio né controparte. Di cui fa parte (o faceva, chi lo sa) l’attuale presidente di SIAE (in quota Ministero), altri funzionari di SIAE, rappresentanti degli autori e delle Case discografiche. Insomma, possiamo dire che qualche dubbio sull’equilibrio di SIAE nel determinare l’equità dei compensi ce l’abbiamo?
8) Se la questione dei diritti d’autore è così di interesse pubblico, perché l’ammontare dei compensi (tutti) non viene determinato da un ente terzo e indipendente?
Il diritto d’autore, a seconda delle convenienze del momento, è un prodotto a scaffale che va pagato, alla stregua di qualsiasi prodotto in vendita, o un bene culturale da tutelare con leggi ad hoc. Se così è, non è forse il caso che l’entità del valore economico di questi diritti, che sono evidentemente “in esclusiva”, sia determinata da un ente terzo e indipendente, che guardi le carte e ragioni in maniera equilibrata sul reale lucro che gli utilizzatori fanno con il lavoro degli autori? L’autodeterminazione del valore del diritto, senza alternative, da parte dei titolari di un supposto bene culturale, e quindi di interesse pubblico, non può essere considerata di per sé una pratica con sfumature vessatorie? Quando il produttore di un bene è solo uno e non sostituibile, di solito l’Authority Antitrust non accende più di un riflettore sul caso? In fondo, se voglio a tutti i costi una canzone di un autore SIAE, al momento SIAE potrebbe chiedere cifre totalmente irragionevoli in modalità “prendere o lasciare” appunto. Salvo poi gridare allo scandalo se qualcuno decide di alzarsi dal tavolo e “accontentarsi” del resto del repertorio mondiale e del piccolo repertorio Soundreef. No, non c’è da fidarsi della “decenza” di SIAE
9) Perché la nuova licenza non sarebbe comparabile con quella appena scaduta?
Uno degli argomenti di SIAE sarebbe il fatto che la nuova licenza da sottoscrivere non sarebbe comparabile con quella siglata nel 2020, cosa che renderebbe – a detta di Salvo Nastasi – la lamentela di Meta rispetto al +310% di aumento proposto da SIAE del tutto mal posta. Resta da capire cosa avrebbe di così drasticamente diverso. SIAE ha boffonchiato qualcosa rispetto al metaverso, che però è tutt’altro che in vista a breve termine e che, al momento e ancora per anni è e sarà un vero pozzo senza fondo per le casse di Meta; per alcuni anzi sarà addirittura la Caporetto dell’azienda americana. SIAE spieghi meglio o non dica nulla.
10) Meta elude il fisco o addirittura evade le tasse? Bene, la si faccia pagare ma incassi lo Stato, non la SIAE
Qualcuno, nell’agone mediatico, ha fatto più o meno velato riferimento al fatto che sia giusto obbligare Meta al tavolo, anche in considerazione delle poche tasse che paga Meta in Italia. Se Meta evade o elude le tasse, va fermata. Gli strumenti ci sono, tanto è vero che tutte le multinazionali sono spesso nel mirino del fisco e normalmente concludono accordi di transazione sulle partite contestate. Ma se va fatto di più in questo senso, anche con strumenti legislativi nuovi e maggior coordinamento europeo, si faccia senza ritardo. Ma le tasse vengano pagate allo Stato, cioè a tutti noi contribuenti. Il pagamento di diritti magari anche più alti del normale alla SIAE non può controbilanciare in nessuna maniera eventuali mancanze nei confronti del fisco.
Bonus track: Meta come Kim Jong-un? Nastasi ha perso la testa
Ultimo punto che ci ronza nella testa da 24 ore: ma cosa gli è saltato in mente a Salvo Nastasi di equiparare Meta a Kim Jong-un? In un paese di stile anglosassone, sarebbe bastata un’uscita di questo tipo, peraltro rilasciata non al bar ma in una sede istituzionale, per giustificare le immediate dimissioni del presidente di SIAE. I casi sono due: o il navigato Nastasi è più emotivo di quanto pensassimo, oppure si sente più invincibile di quanto lo sia. La risposta non la sappiamo, ma tant’è.
E gli autori stanno a guardare?
La situazione attuale di SIAE è molto delicata: la società sostiene che Meta abbia atteggiamenti ricattatori, anche se ha semplicemente rifiutato l’offerta ricevuta. A meno che non si trattasse della classica “offerta che non si può rifiutare”, non ci pare si possa parlare di ricatto. Certamente Meta ha fatto una mossa da scacco, non sappiamo se matto, a SIAE: il repertorio musicale SIAE che sparisce da Facebook e Instagram certamente priva gli autori di alcuni proventi, non sappiamo se tanti o pochi. Stupisce però che dalle parti degli autori si punti il dito contro Meta che si è alzata dal tavolo delle trattative e non contro SIAE che evidentemente, se il tavolo è saltato, non è stata capace di condurle bene. Se fossimo tra gli aventi diritto, in realtà saremmo abbastanza arrabbiati: SIAE credendo di avere il coltello dalla parte del manico, con un interlocutore ritenuto senza scelta, si è ritrovata con il coltello dalla parte del… panico. Ogni giorno che passa senza una ricucitura dei rapporti, SIAE è sempre più sulla graticola mentre Meta è tutto sommato serena: deve solo mettere a punto i suoi sistemi per intercettare davvero tutta la musica SIAE sulle proprie piattaforme. Come abbiamo dimostrato recentemente, ancora non ci riesce al 100% e questo la rende attaccabile e anzi addirittura fuorilegge. Popcorn e divano: la questione si fa interessante.
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