di Maurizio Porro
L’attore torna a teatro, riscoprendo i classici della poesia: «Un antidoto alla povertà del pensiero tecnologico»
Toni Servillo torna in teatro, dopo una non casuale assenza, dall’11 al 22 gennaio a Milano al Teatro Studio, prodotto dal Piccolo Teatro, ma senza scene e costumi, solo con un leggio. Ci torna dopo aver compiuto mirabolanti imprese, come calarsi nella mente di Pirandello nella Stranezza, chiedendo ai classici di salvarci dalla dittatura digitale e da un pensiero svilito.
In pratica?
«Con Giuseppe Montesano, complice e autore del testo, abbiamo isolato in Tre modi per non morire tre momenti della storia della poesia, ribellandoci alla sottomissione dei like, dei clic e degli smart, riscoprendo il valore della poesia, antidoto alla depressione del pensiero schiavo delle nuove tecnologie e chiuso nei cloud».
La materia prima sta nel libro di Montesano «Come diventare vivi», ristampato da Bompiani. Che particelle poetiche avete isolato?
«Ci sono tre modi per resuscitare: l’eros del decadente Baudelaire che accetta l’ignoto, la metamorfosi di Dante che parla dell’ignavia, per finire lontani nel tempo coi tragici greci che hanno inventato il teatro per conoscere se stessi. Siamo inquieti, impoveriti, schiavi d’un potere…