Basta accostare la Nigeria alla malavita, è questo l’appello lanciato della comunità nigeriana a Genova.
L’associazione Nigeriana in Liguria Genova, attiva dal 1992 nel capoluogo ligure, denuncia alcune esternazioni fatte su articoli di stampa locale che associano episodi di violenza o spaccio nel centro storico alla Nigeria.
Scontri violenti tra le forze dell’ordine e gang senegalesi, guidate dalla “mano nera” della mafia nigeriana. Questi i racconti su alcuni articoli web che settimana scorsa hanno destato l’indignazione della comunità. Un’indignazione giustificata visto che i malviventi fermati dalle forze dell’ordine e protagonisti degli scontri dell’episodio citato non erano di nazionalità nigeriana.
“La nostra comunità non può essere accostata a questi episodi – spiega il portavoce Wale Adeniji – Si tratta di una campagna denigratoria a sfondo mafioso. La Nigeria e i suoi cittadini in Italia sono stati bollati con la maglia nera delle mafie in Italia. Oggi alziamo con la testa alta per denunciare questa etichettatura mediatica.
Vogliamo accogliere, con sincerità l’opportunità per ringraziare le forze d’ordine di Genova e di tutta Italia, per il lavoro che fanno per la tutela della sicurezza e il decorro pubblico. Siamo consapevole dei pericoli nei loro servizi per la collettività. Noi cittadini nigeriani dal nord al sud Italia, a partire da Genova, continueremo a dare il sostegno alle forze d’ordine per una società sana. Siamo le prime vittime e diciamo NO a qualsiasi forma di criminalità sia organizzata che non”.
La comunità oggi conta circa 1500 nigeriani in tutta la regione. Come spiega Leke Benson, mediatore culturale, si tratta di persone che vogliono mettersi in gioco, hanno voglia di lavorare e sono ormai ben integrate nel tessuto sociale:
“Tanti lavorano nei ristoranti genovese, altrettanti lavorano in fabbrica, in Fincantieri, nel settore dell’edilizia. Invito dunque tutti a superare i pregiudizi e il Comune di Genova di darci una mano nella segnalazione di bandi e aiuti che possono aiutare gli stranieri, non solo i nigeriani, ad integrarsi”.
