Possibili buone notizie in arrivo per i pensionati che già nel mese di gennaio hanno visto i primi aumenti grazie alla rivalutazione del 7,3% che è stata effettuata, però, su un tasso provvisorio: il 7,3%, infatti, è il valore medio dell’inflazione che era stato calcolato nel mese di novembre.
Però, quello di fine anno – diffuso dall’Istat in questi giorni – è pari all’8,1%, che tra l’altro è il valore più alto dal 1985. All’appello, dunque, manca uno 0.8% che, ovviamente, non potrà andare perso anche alla luce del quadro economico generale decisamente complesso.
Manca 0,8%: che succede ora?
In concreto, sono due le opzioni ed entrambe garantiscono che i pensionati avranno ciò che gli spetta. Cambia solo la tempistica: il conguaglio della pensione dovrebbe, infatti, arrivare all’inizio del prossimo anno, ossia nel 2024, quando verrà riconosciuto lo 0,8% di rivalutazione non applicata per tutte le precedenti mensilità, ossia da gennaio a dicembre 2023 più la tredicesima.
Il piano del Governo
C’è però un’altra possibilità che farebbe i pensionati ancora più felici: il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni – anche in considerazione della sfilza di rincari e della perdita del potere d’acquisto degli stipendi che pesa ormai in maniera insostenibile da mesi sulle famiglie – potrebbe decidere di replicare lo schema già applicato dal predecessore Mario Draghi, optando, cioè per un anticipo del conguaglio.
Stando alle disposizioni, la rivalutazione piena, al 100% del tasso, spetta agli assegni il cui importo lordo non supera di 4 volte il trattamento minimo. In pratica, le pensioni il cui valore è pari o inferiore a 2.101,52 euro beneficeranno dell’ ulteriore aumento dello 0,8%, il che significa un incremento massimo di poco più di 16 euro.
Per una pensione di 1.000 euro l’aumento sarebbe di 8 euro al mese che significano 96 euro annui, 12 euro al mese spettano invece a chi ne prende 1.500 euro, ossia 156 euro l’anno.