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Il pm: «Lei non si ribellò, quindi era consenziente». Ma la giudice condanna lo stesso il parrucchiere per stupro

Il 7 luglio 2018 una ragazza ha denunciato uno stupro da parte del proprio parrucchiere a Milano. L’uomo, amico di famiglia, era accusato di averla violentata nel suo negozio dopo aver abbassato la saracinesca. Ma la giovane, sotto choc, non ha reagito subito. Per questo l’uomo si è difeso sostenendo di crederla consenziente. E ha offerto un risarcimento di diecimila euro per chiudere la vicenda. Il pubblico ministero ha proposto in due occasione l’archiviazione alla giudice per l’udienza preliminare Giulia Masci. Proprio perché secondo il pm la mancata reazione della ragazza deponeva a favore della consensualità del rapporto. Ma la giudice ha condannato il parrucchiere a 4 anni di reclusione.

Le due richieste e la decisione

La procura ha chiesto l’archiviazione la prima volta perché non c’era stata violenza o minaccia da parte dell’imputato. La seconda volta in base a una perizia che escludeva patologie psichiche tali da incidere sulla capacità reattiva della vittima. La giudice ha condannato il parrucchiere con una provvisionale di diecimila euro sul risarcimento da determinarsi in sede civile. E, racconta oggi l’edizione milanese del Corriere della Sera, nelle motivazioni ha spiegato come «la condizione di inferiorità fisica e psichica prescinda da uno stato patologico di carattere organico e dunque non si ricolleghi automaticamente a deficienze psichiche. Ma possa dipendere da situazioni ambientali o fattori traumatici».

Il processo evolutivo mentale della vittima

Compresi quelli derivanti dal limitato processo evolutivo mentale e culturale della persona offesa. E che possono «impedirle di respingere efficacemente gli atti sessuali dell’agente e di esprimere un valido consenso». Per la giudice le condizioni si sono riprodotte quando l’uomo «approfittò dello stato dei luoghi, del rapporto di pregressa conoscenza, delle oggettive immaturità sessuale e ingenuità della giovanissima ragazza». Contando «sul sicuro imbarazzo e vergogna che lei avrebbe provato a fronte di un approccio sessuale proveniente da un conoscente». E quindi «è comprensibile che la situazione del tutto inaspettata abbia traumatizzato la giovane che rimaneva letteralmente paralizzata, incapace di reagire». Integrando così «una condizione di particolare fragilità e vulnerabilità e dunque minore resistenza all’altrui opera di coazione fisica e psicologica».

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