Frizze della Val Bormida: polpette di fegato di maiale e salsiccia, avvolte nell’omento, quella membrana simile a una ragnatela bianca che copre l’intestino e una parte dello stomaco del maiale e in cucina viene usata per avvolgere bocconcini, polpette, pezzi di fegato di maiale detti fegatelli, una volta in uso un po’ dappertutto, anche in Liguria (vedi qui), ora considerati un piatto tipico della Toscana, del Lazio e dell’Umbria. Con la cottura la rete si riduce a un velo e lascia il ripieno morbido e saporito.
Le frizze si trovano in commercio quasi solo in Val Bormida ma sono facili da preparare a casa, ed è questa la stagione giusta per farlo. Sono simili alle grive piemontesi, ancora popolari nelle Langhe ma anche in altre aree del Piemonte, in particolare nel Monferrato e nel Canavese dove sono dette anche frisse. Possiamo considerare quella ligure e quella piemontese varianti di una stessa ricetta che hanno in comune, oltre al fegato di maiale e all’omento, anche le bacche di ginepro. Ed è proprio la presenza del ginepro che in Piemonte ha dato il nome di grive a questo piatto: grive nei dialetti piemontesi è il nome dei tordi, ghiotti di bacche di ginepro, che profumano la loro carne. Quindi chiamare grive gli involtini è un modo, forse scherzoso, di indicare preparazioni dal sapore simile a quello del tordo.
Le grive/frisse piemontesi contengono, oltre al fegato e alle bacche di ginepro, tutti o alcuni di questi ingredienti: carne magra di maiale, polmone e frattaglie varie, carnetta e grasso di gola, cipolla, pane grattato. Le frizze della Val Bormida sono molto più semplici. Vediamo come farle.
Ingredienti. Quattro etti di fegato di maiale, quattro etti di salsiccia fresca, sale, omento (chiedete al macellaio una dose sufficiente per sedici polpette), olio extravergine d’oliva, bacche di ginepro.
Preparazione. Lasciate la rete a bagno in una ciotola capiente piena di acqua fresca per un quarto d’ora. Intanto tritate fine fine il fegato, salatelo e impastatelo con la polpa della salsiccia (va bene la luganega) liberata del suo budello e le bacche di ginepro polverizzate con un pestello. Dividete il composto in sedici polpette piuttosto appiattite e avvolgete ciascuna in un pezzo di rete, in modo da ottenere dei “pacchetti”.
Per la cottura si può utilizzare la padella o il forno (a 220 gradi), in questo caso ponendo le grizze in teglia foderata di carta da forno. Bastano poche gocce d’olio, per ungere la padella o la carta, poi le grizze cuoceranno nel grasso dell’omento. Dovrebbe bastare un quarto d’ora, comunque controllate con i rebbi della forchetta, gli involtini non devono perdere sangue. Se durante la cottura diventassero troppo secchi potreste aggiungere qualche goccia di vino bianco. Serviteli caldissimi, ancora avvolti in quel che resta dell’omento, e accompagnati da Riviera Ligure di Ponente- Ormeasco.
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