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Criptovalute, come devono essere gestite nella dichiarazione dei redditi

Come devono essere gestite, all’interno della dichiarazione dei redditi, le criptovalute? Quando e come possono generare un reddito le monete virtuali? Sono domande che si pongono molti contribuenti, a ridosso della compilazione del Modello 730 e si ritrovano, in un modo o nell’altro, a dover gestire i propri investimenti, tra i quali possono rientrare anche delle criptovalute.

Ma partiamo dall’inizio e poniamo le basi. Le rappresentazioni virtuali di valore, conosciute anche come valute virtuali, possono essere definite, nella prassi quotidiana, come criptovalute. Sono delle valute a tutti gli effetti che, a differenza di quelle coniate da uno Stato, possono essere generate virtualmente da chiunque abbia la capacità informatica di costruire una tecnologia e svilupparne il relativo software.

Nel momento in cui viene generata una tecnologia, un miner, il cui compito è quello di governare una blockchain, ha, a tutti gli effetti, la possibilità di creare una moneta virtuale, andando ad eseguire alcuni calcoli matematici complessi. Gli users hanno la possibilità di acquistare le criptovalute o scambiarle, anche con dei soggetti non professionali. Nel momento in cui la moneta virtuale è stata acquistata, i diretti interessati possono scegliere se:

  • conservarla all’interno di un digital wallet, in questo caso l’obiettivo è un investimento nel medio lungo periodo;
  • pensare a cederla su determinate piattaforme di scambio, puntando ad un guadagno nel breve periodo;
  • usarla per effettuare degli acquisti online.

Comunque vada, quanti hanno deciso di puntare alle criptovalute, prima o poi, devono scontrarsi con il mondo reale. Sicuramente in questo contesto, il capitolo più importante è quello costituito dalla dichiarazione de redditi. Di particolare importanza sono le novità introdotte recentemente dalla Legge di Bilancio 2023.

Criptovalute, le novità fiscali

Cosa cambia, fiscalmente parlando, per quanti sono in possesso di criptovalute? Come si devono comportare, nel momento in cui devono presentare la propria dichiarazione dei redditi? Di particolare importanza, in questo senso, è l’articolo 1, comma 126, della Legge n. 197/2022 – anche conosciuta come Legge di Bilancio 2023 – che è andata a ridefinire la normativa fiscale relativa alle valute virtuali, che sono detenute da soggetti fiscalmente residenti in Italia.

La nuova norma, in estrema sintesi, ha fatto rientrare nei redditi diversi di natura virtuale le eventuali plusvalenze e tutti gli altri proventi, che possono derivare dal rimborso o dalla cessione a titolo oneroso, permuta o detenzione di una qualsiasi cripto-attività, indipendentemente dalla loro denominazione.

Ma che cosa si intende per cripto-attività? Con questo termine il legislatore si riferisce ad una “una rappresentazione digitale di valore o di diritti che possono essere trasferiti o memorizzati elettronicamente, utilizzando la tecnologia di registro distribuito o una tecnologia analoga“.

Dichiarazione dei redditi, come gestire le monete virtuali

A disciplinare i criteri, che devono essere adottati in fase di compilazione della dichiarazione dei redditi, sono stati definiti dalla Legge n. 197/22. In questo caso il legislatore ha fornito precise indicazioni per i contribuenti che hanno effettuato degli investimenti speculativi nelle criptovalute. Sicuramente la novità più importante rispetto al passato, riguarda il fatto che i proventi, che vengono realizzati tramite il rimborso, la cessione, la permuta o la detenzione delle criptovalute, debbano rientrare direttamente nella categoria dei redditi diversi ex articolo 67, comma 1, lettera c-sexies del TUIR.

Il successivo articolo 68, comma 10 del TUIR prevede che queste plusvalenze siano costituite, in estrema sintesi, dalla differenza tra il corrispettivo che è stato percepito il lo eventuale valore nominale delle criptovalute permutate e il costo o valore iniziale di acquisto. Le plusvalenze, che si determinano in questo modo, devono essere sommate alle minusvalenze. Nel caso in cui le minusvalenze dovessero risultare superiori alle plusvalenze, per un importo superiore a 2.000 euro, il contribuente ha la facoltà di portare in deduzione integrale all’ammontare delle plusvalenze, nel corso dei successivi periodi fiscali. Ma non deve andare oltre il quarto. Per poter ottenere questa deduzione, è necessario che le minusvalenze vengano dichiarate all’interno della dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta nel quale si sono realizzate.

I passaggi di rilevanza fiscale

Il passaggio da criptovalute a valuta fiat assume una particolare rilevanza fiscale. Il legislatore, nella relazione illustrativa della Legge di Bilancio 2023, ha sottolineato che “non assume rilevanza lo scambio tra valute virtuali, mentre assume rilevanza fiscale l’utilizzo di una cripto-attività per l’acquisto di un bene o un servizio o di un’altra tipologia di cripto-attività o la conversione di una currency in euro o in valuta estera“.

Cosa significa, in estrema sintesi tutto questo? Molto semplicemente che, la semplice permuta tra una criptovaluta e l’altra, non assume alcuna rilevanza fiscale. Lo assume, invece, il passaggio tra la valuta virtuale e la valuta fiat o l’utilizzo della valuta virtuale per acquistare servizi o beni.

La detenzione delle criptovalute, in un certo senso, sembra voler includere al proprio interno la fattispecie della remunerazione delle attività di staking fra i redditi diversi. Vengono superati, in questo modo, alcune precedenti chiarimenti, che sono stati forniti direttamente dall’Agenzia delle Entrate attraverso la risposta all’interpello n. 437/2022.

Criptovalute: le operazioni fiscalmente rilevanti

Proviamo ad analizzare, brevemente, quali siano le operazioni fiscalmente rilevanti con le criptovalute. Tra queste ci troviamo:

  • utilizzo di una cripto-attività per l’acquisto di un bene o servizio;
  • conversione di una valuta virtuale in euro, o in altre valute FIAT;
  • utilizzo di una valuta virtuale per l’acquisto di un NFT.

L’eventuale permuta effettuata tra una criptovaluta e l’altra non risulta essere fiscalmente rilevante. Per portare un esempio, non assume particolare importanza lo scambio tra valute virtuali, mentre assume rilevanza fiscale l’utilizzo della moneta virtuale per acquistare un bene od un servizio.

Come viene determinata la plusvalenza

Importante, a questo punto, come debba essere determinata la plusvalenza. Per farlo è necessario confrontare il controvalore della moneta virtuale, che è stata ceduta e che viene accreditata sul wallet il giorno stesso della cessione, con il costo di acquisto della stessa. Come abbiamo visto in precedenza, la plusvalenza – la minusvalenza – si determina nel momento in cui si effettua uno scambio con della valuta fiat o con dei beni o servizi.

Proviamo a fare un esempio, per capire come calcolare la plusvalenza. Un contribuente ha acquistato 5.000 bitcoin al tasso BTC/EUR di 7. Dopo un mese ha acquistato 3.000 bitcoin al tasso di 12. Successivamente decide di convertire 4.000 Bitcoin al cambio di 180. L’operazione da effettuare è la seguente:

La plusvalenza realizzata – fiscalmente rilevante – è Metodo LIFO: plusvalenza = 4.000 * 180 – (3.000 * 12 + 1.000 * 7) = 720.000 – 43.000 = 677.000

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