Il dialetto è una lingua che si può imparare, difendere dalle contaminazioni sbagliate e insegnare in un solo modo: parlandolo. Il genovese è una lingua difficile che merita di essere scoperta dalle nuove generazioni perciò ben venga qualsiasi manifestazione divulgativa: tra queste figura lo striscione del tifo organizzato del Genoa mostrato contro la Reggina in Gradinata Nord. «Dagghe Zena, anemmo à guägnâ», «Dai Genoa, andiamo a vincere». I dubbi sulla corretta grafia, peraltro sorti da parti poco attente alle dinamiche domestiche, sono fugati da Claudio, tifoso genoano, attraverso un video sul canale YouTube de “L’Anònimo Zeneise”, che riproponiamo per intero.
«Sono tifoso del Genoa – premette Claudio – ma non trovo giusto che tra opposte tifoserie ci si dica delle “porcàie“. Una volta volta tanto che si impiega la lingua genovese in una situazione pubblica, sarebbe bello essere d’accordo e fare un plauso a chi ha avuto l’idea. Il genovese non è più parlato, salvo per dire “belìn” o delle barzellette, non solo a causa della globalizzazione ma anche perché chi ci prova viene subito fermato da chi dice che non lo parli bene o non come facevano i nostri avi. Così il genovese diventa una lingua morta, bisogna invece incoraggiare a parlarlo. Nella nostra bocca abbiamo un tesoro che dobbiamo custodire come in una cassaforte: io l’ho scoperto solo quando ho lasciato la Liguria, è un’eredità di tante cose accadute in passato».
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