Ci vorrebbe un tomo di quelli pesanti e la penna di Stefan Zweig per tratteggiare il ritratto di un uomo dalle mille sfaccettature e dalle altrettante vite come il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov, ma basterebbe riportare una delle tante caustiche e brutali battute delle sue per farsi un’idea del personaggio.
Più che una battuta per la verità fu un tranello quello che tese alla sua controparte britannica Liz Truss a metà febbraio al settimo piano del palazzo del Ministero degli Affari Esteri, in piazza Smolensk a Mosca, dove appunto il nostro l’attendeva in quell’ufficio, il suo, che ricorda in qualche modo l’eleganza conservatrice del Waldorf Astoria.

LA CARRIERA
Non casualmente peraltro, perché è in quel prestigioso hotel che Lavrov risiedeva nei suoi anni migliori, quelli di New York quando prima, negli anni ’80, era un consigliere dell’Unione Sovietica all’Onu e poi, tra i ’90 e i primi Duemila, lo stimatissimo ambasciatore russo all’Onu e quindi presidente del Consiglio di sicurezza. È in quel periodo che Lavrov ha affinato le sue tecniche, ha imparato ad apprezzare il whisky, a fumare le sigarette, a sciare nel Vermont, a…