Bolzano, 19 gen – Ieri sera nel capoluogo altoatesino si è svolta la proiezione del docu-film che ha letteralmente mandato in cortocircuito la sinistra. Dapprima accolto con scettico entusiasmo, poi censurato pressochè ovunque: “L’Urlo – schiavi in cambio di petrolio”, sta dividendo la sinistra ma non solo. Mentre il Partito Comunista di Marco Rizzo ha accolto di buon grado la pellicola, proiettandola a Roma alla presenza dell’autore, al Festival dei Diritti Umani di Napoli, proprio dove in teoria dovrebbero regnare la tolleranza e la democrazia, i centri sociali della sinistra, insieme a noti rappresentanti delle Ong, ne hanno interrotto la proiezione dopo appena 20 minuti. Era il 25 novembre e, da quel giorno partenopeo in cui una nuova censura sovietica si era abbattuta sulle scomode verità testimoniate dal documentario, il regista si è visto negare la pubblicazione e la diffusione del film tanto nelle grandi sale, quanto nella distribuzione di dvd. Un ordine sicuramente arrivato dall’alto. Da chi probabilmente si è visto mettere in pericolo lavoro, carriera e portafoglio rigonfio del sudore di poveri disgraziati ignari dei profitti legati all’immigrazione.
Grande successo per L’Urlo a Bolzano
Nel corso della proiezione de “L’Urlo” presso il CineForum di Bolzano, in una sala straripante di gente e con decine di persone rimaste in piedi, ieri sera la proiezione del film ha riscosso un ottimo successo. Gli applausi raccolti dall’autore e la marea di domande e complimenti che il nutrito pubblico gli ha rivolto, hanno probabilmente superato le forti critiche ricevute anche a livello nazionale dagli ultras delle Ong. Per quanto riguarda invece noi inviati de il Primato Nazionale, vedersi confermare sul grande schermo quanto il nostro giornale ha sempre scritto, e per questo puntualmente accusato di complottismo o razzismo, è stata una bella soddisfazione. Ancor di più se si pensa che il coraggioso autore della pellicola e del libro “L’Urlo” non appartiene in nessuna maniera all’universo politico sovranista.
Abbiamo intervistato per voi Michelangelo Severgnini, ponendogli poche semplici domande incentrate su alcuni passaggi fondamentali in cui si snoda la pellicola. Vecchie conferme e nuove informazioni importantissime per combattere la guerra mediatica dell’informazione, che da anni ci vede ormai impegnati con i nostri lettori per contrastare la narrazione immigrazionista. Rimarrà deluso chi, vedendo il film, si aspetta di trovare una forte critica politica, ideologica o semplicemente “populista”; sia esso di destra o di sinistra. Rimarrà invece piacevolmente sorpreso di questo coraggioso prodotto cinematografico chi non ha il paraocchi, chi allontana da sé l’ottusità e, soprattutto, chi sa riconoscere la verità oltre i colori. Da come si è presentato e per come lo abbiamo conosciuto, Michelangelo Severgnini è proprio questo: un uomo libero.
Il dibattito Severgnini – Totolo
Non possiamo negare che alcuni sparuti mugugni si siano uditi in sala, per diverse scottanti osservazioni fatte sia dalla pellicola, sia dal regista e dalla nostra giornalista Francesca Totolo, proiettata in video-conferenza. Da anni esperta in immigrazione e da sempre critica nei confronti delle Ong, Francesca Totolo ha dibattuto per una buona mezz’ora con Michelangelo Severgnini, trovando moltissimi punti in comune nel loro diverso, seppur simile, lavoro di giornalismo d’inchiesta. “È facilmente comprensibile perché le Ong avrebbero voluto censurare il docu-film L’Urlo – ha dichiarato Totolo – E’ un manifesto contro le falsità che per anni ha propinato all’opinione pubblica italiana. Molti immigrati, avviliti dallo scenario libico, chiedono di tornare nel Paese d’origine, ma vengono ostacolati da chi ha creato il business della tratta di esseri umani”.
Il coraggio di ribellarsi al pensiero unico
Alcune delle argomentazioni affrontate nella pellicola, trovano infatti posto nel libro di Francesca: “Inferno Spa”, edito da Altaforte edizioni, e che rappresenta un vero e proprio archivio storico sulle attività delle Ong e dei loro sostenitori. Ma è poi la stessa giornalista del Primato a complimentarsi con il regista: “La narrazione di Michelangelo Servegnini è priva di qualsiasi tipo di retorica, solo testimonianze dirette e vicende registrate in Libia. La sua bravura sta anche nell’aver creato una rete informativa nel Paese nordafricano, che gli ha permesso di scattare una diapositiva chiara e trasparente”. Raggiunta telefonicamente in mattinata per un breve confronto sulla serata appen trascorsa, Francesca ci conferma che sulle più scottanti tematiche geopolitiche, la preparazione di Severgnini è stata comprovata pure durante il dibattito seguito alla proiezione del docu-film. “Puntuale e preciso nelle risposte ai tanti intervenuti, il regista non ha lasciato dubbi: dopo la detronizzazione di Gheddafi, la Libia è diventata una terra divisa tra il traffico di petrolio e quello di esseri umani”.
Quell’Urlo soffocato al quale dar voce
L’Urlo, schiavi in cambio di petrolio, spiega come si è arrivati e quali sono alcuni dei principali protagonisti di questo patto scellerato tra governi europei e milizie. Un patto benedetto da Nato e Onu, in vigore dal 2011 e che coinvolge migliaia di esseri umani, rapiti, torturati e ridotti in schiavitù in Libia. Una storia che i buoni samaritani delle Ong e i loro padrini, da Montecitorio a Brussels, da Seattle a Washington non vogliono che si racconti. Continueremo ancora una volta a farlo noi, nel mensile de il Primato Nazionale di marzo, reperibile tramite abbonamento, oppure mediante acquisto cartaceo o online, al sito: https://edicola.ilprimatonazionale.it/categoria-prodotto/abbonamenti/. Per il momento, non ci rimane che consigliarvi la visione del documentario rinnovando la nostra solidarietà a Michelangelo Severgnini per il suo grande coraggio e la vergognosa censura che continua a subire.
Andrea Bonazza
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