Caso Nada Cella, la giovane impiegata uccisa in ufficio a Chiavari nel maggio 1996. Il genetista Emiliano Giardina, dopo diverse proroghe e ad un anno dall’avvio della nuova inchiesta, ha consegnato alla Procura i risultati sul Dna di tracce di sangue e capelli; un lavoro immane. Il tutto verrà esaminato nei prossimi giorni, ma i risultati non sembrano essere quelli attesi, se la Procura si trova ad un bivio: archiviare l’inchiesta o procedere nei confronti di Annalucia Cecere, già incriminata pochi giorni dopo il delitto, ma scagionata dopo due settimane. E’ chiaro che se non esistono prove scientifiche contro l’indiziata, l’eventuale processo non potrà essere che indiziario.
Se così stanno le cose è lecito chiedersi perché la Procura, su imput della criminologa Antonella Pesce Delfino, abbia riaperto il caso; perché si sia illusa Silvana Smaniotto, mamma di Nada, di poter incastrare l’assassina della figlia.